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A vederlo sembra Nedved, anzi è anche ben messo fisicamente più del ceco di prima squadra. Più alto, più robusto. Ma i capelli biondo cenere, lunghi, da gestire quando scatti, corri, dribbli e colpisci di testa fanno venire in mente Pavel, ex Pallone d'Oro, anche perché la maglia è identica e il ruolo pure: centrocampista. Invece è Alessandro Bettega, figlio d'arte. Il papà, Roberto, a suon di gol ha spinto un bel po' di Juventus, negli Anni 80, verso scudetti e coppe. Il figlio, è all'ultimo anno della Primavera visto che poi gli sarà negata per limiti di età.
Sobrio, attento a non strafare nelle giocate e nel suo dispensare palloni ai compagni, s'è visto la carriera di giovane promessa molto simile ad una corsa ad ostacoli: nei momenti nevralgici un bel po' di infortuni ne hanno condizionato non poco il cammino. E poi, come se non bastasse, il pesante cognome da portare sulle spalle nella Juventus, e nel calcio. - E' come presentare un biglietto da visita e sentirsi dire "raccomandato?" -, disse, un giorno, un altro figlio d'arte che di strada ne ha fatta tanta: Paolo Maldini.
No, per Alessandro non è andata così: ha stretto i denti, ha continuato a combattere, e nel Viareggio in corso si candida ad essere il leader di quella formazione che ha tutti i numeri per arrivare fino in fondo visto che, grazie alla bravura del tecnico Chiarenza, viene da 4 finali di seguito (ben 3 vinte anche con la gestione Gasperini). Contro il Palermo è stato tra i migliori in campo: mobile, attento, ottimo piede per fare filtrare palloni e la furbizia di chi deve attaccare gli spazi. Alessandro c'è. Che poi si chiami Bettega, e debba giocare con un cognome ingombrante, gli cambia poco. |